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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

“No Other Land” Ancora Censurato in Rai: L’Ipocrisia di Stato e la "Pace" Inesistente

 


LA CENSURA PIÙ VOLGARE SUL SERVIZIO PUBBLICO

​In un Paese in cui l'assenza di decenza da parte della classe dirigente è, purtroppo, un dato di fatto per chiunque sia intellettualmente onesto, si è ormai convinti che nulla possa più destare sorpresa o disgusto. 

Eppure, anche quando si pensa di aver toccato il fondo, si scopre che i limiti della sfacciataggine e della complicità vengono spostati ulteriormente, raggiungendo vette che superano ogni immaginazione.

​L'ultimo, sconcertante, atto di quella che il popolo ha ribattezzato "Telemeloni" arriva dal servizio pubblico. 

La RAI, la televisione di tutti i cittadini, ha infatti cancellato (per la terza volta) la messa in onda del film documentario "No Other Land", capolavoro vincitore del Premio Oscar

Il documentario, come noto, racconta la cruda e dolorosa verità sull'occupazione militare, criminale e illegale della Cisgiordania da parte dei coloni israeliani, attraverso gli occhi degli attivisti palestinesi di Masafer Yatta e del giornalista israeliano Yuval Abraham.

​Il film, che era già stato rinviato due volte (dal 7 al 21 ottobre), ora è stato spostato a non prima di metà novembre (il 15 novembre, secondo alcune fonti)
Ma è la giustificazione ufficiale a rendere questo episodio una delle pagine più vergognose della storia recente della TV di Stato.

La Scusa "Lunare": Il Clima di Pace e le Manifestazioni Violente

​A fornire la motivazione è stato Adriano De Maio, direttore Cinema e serie tv Rai, che ha offerto due spiegazioni che definire "lunari" è un eufemismo:

  1. ​Il film "non era in sintonia con il clima di speranza per la pace che poi è stato firmato".
  2. ​I contenuti avrebbero "rischiato strumentalizzazioni, con l’alzarsi del livello delle manifestazioni di piazza anche violente".
​Ci chiediamo: quale "pace" sarebbe stata "firmata"? 
E in quale universo parallelo un documentario sulla resistenza di un popolo colonizzato e sulle violenze subite dovrebbe essere messo a tacere in nome di un fantomatico "clima di speranza"?

​La verità è chiara: la RAI, su palese dettato politico, ha scelto ancora una volta di fuggire dalla realtà. 

Un film che narra il dramma di un popolo sterminato, occupato e privato dei propri diritti fondamentali – un film osannato dalla critica e premiato con l'Oscar – non può essere in alcun modo "strumentalizzato", a meno che non si voglia chiamare "strumentalizzazione" la semplice e doverosa ricerca della verità e la denuncia delle ingiustizie.

Una Censura Volgare e Pericolosa

​Questa non è una "scelta di palinsesto". 
Questa, in un Servizio Pubblico che dovrebbe garantire pluralismo e informazione, si chiama censura, nella sua forma più volgare e pericolosa. 
È un tentativo palese di silenziare le voci scomode e di impedire agli spettatori casuali – che non vanno appositamente a cercarsi l'informazione critica – di entrare in contatto con una narrazione non allineata alla propaganda ufficiale.

​L'episodio è tanto più grave in quanto "No Other Land" aveva già avuto un'ampia distribuzione nelle sale cinematografiche italiane grazie a Wanted Cinema ed è disponibile sulle principali piattaforme streaming a partire dal 5 novembre. 

La decisione della RAI non vieta la visione in assoluto, ma ne ostacola l'accesso massivo e gratuito, sottraendo un pezzo cruciale di verità al dibattito pubblico.

​La denuncia si è levata compatta da parte di associazioni, artisti e della Rete #NOBAVAGLIO, che ha parlato apertamente di "censura politica" e ha chiesto un intervento della Commissione di Vigilanza Rai

Di fronte a tali atti, non possiamo permettere che la verità venga sacrificata sull'altare della ragion di Stato, della complicità politica o di una "pace" che esiste solo nelle ipocrite dichiarazioni di chi preferisce il silenzio all'onestà intellettuale.

​È ora di chiamare le cose col proprio nome: in Italia, il Servizio Pubblico è diventato lo strumento di un governo che, nel tentativo di nascondere le proprie responsabilità, ricorre alla censura per raccontare la sua unica e distorta versione dei fatti.

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