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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Per Daniele il Piano delle Coste a Mola è un orrore.



Il Consigliere pentastellato critica duramente la pianificazione sbandierata dall'amministrazione molese. 


Inizia con una citazione che strizza l'occhio al cinema, Michele Daniele, consigliere comunale eletto nella lista del Movimento 5 stelle di Mola di Bari. 

È proprio la citazione ad introdurre e concludere la nota che vuole arrivare a Giunta e cittadini. 

Magari problematiche del genere, quando si ha a che fare con un territorio da recuperare esistono anche ad Acquaviva, in Spagna, insomma, ovunque. 
Ma questo non significa che alle mie latitudini dobbiamo gridare "We are Mola" e basta. 

Del resto non stiamo parlando di una preferenza che può essere tra Camerini, la Michielin o un concerto dell'Agimus. 
Quindi non possiamo permetterci nè un atteggiamento tipo quello che si vuole ricevere da una ideale Airc e né possiamo permetterci di fare "Cassanate" 

Ma a prescindere dall'idea che ognuno di noi possa avere, ecco, di seguito il comunicato del consigliere pwntastellato:👇🏻 

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IL PIANO DELLE COSTE: L’ORRORE, L’ORRORE…

L’orrore, l’orrore. Sono le ultime parole pronunciate in Apocalypse Now, capolavoro di Francis Ford Coppola. E sono le stesse parole che ho pronunciato nel leggere le migliaia di pagine del Piano delle Coste Comunale PCC), recentemente adottato dalla Giunta molese.

Ok, lasciamo da parte i giudizi personali e proviamo ad illustrare solo qualcuna delle tante manchevolezze di tale Piano, sia dal punto di vista procedurale che contenutistico, sia di metodo che di finalità.

1 Carenza trasparenza delle procedure. Le componenti più significative del Piano (zonizzazione nelle aree private, scenari di prima attuazione e norme tecniche di attuazione) non sono mai state trattate nell’apposita commissione consiliare Urbanistica che è stata costretta ad esprimersi su una scatola vuota, riempita successivamente. Per dare un’idea quantitativa della documentazione non esaminata, la dimensione del materiale presentato in bozza alla Commissione era di circa 1 gigabyte, mentre la documentazione del Piano adottato è di oltre 2 gigabyte.

I principi a cui ispirarsi per una corretta pianificazione locale, quali la sussidiarietà mediante il metodo della copianificazione, dell’efficienza dell’azione amministrativa attraverso la semplificazione dei procedimenti, della trasparenza delle scelte con la più ampia partecipazione sociale e della perequazione ridotti a mera caricatura.

2 Tradimento degli indirizzi. L’indirizzo principale espresso dalla Commissione Urbanistica è stato questo: “La Commissione attribuisce al Piano Comunale delle Coste una importante funzione di tutela delle caratteristiche uniche ed identitarie, paesaggistiche, ambientali e storiche di una componente fondamentale del nostro territorio, la costa”. Di tale tutela identitaria non vi è alcuna traccia nel Piano che si riduce ad una successione di tratti concedibili o non concedibili a scopi balneari. E passi, ma con l’inquietante complemento di scelte arbitrarie di “ambiti prioritari della trasformazione per strutture di supporto alla fruizione della costa”. Insomma, qualcosa di deja vu: un piano che sembra un’accozzaglia di recepimenti di desiderata di alcuni cittadini più cittadini di altri.

3 Non può esistere un PCC senza un PUG. Qui si consuma l’orrore più puro. Qualunque tipo di pianificazione esecutiva e di dettaglio, per garantire coerenza e omogeneità, dovrebbe essere ricompresa all’interno della strumentazione urbanistica di carattere generale. Detta in altri termini dovrebbe costituire parte integrante del Piano Urbanistico Generale (PUG), e non realizzato attraverso varianti più o meno significative all’attuale PRG.

Ciò detto vogliamo ricordare che il PCC dovrebbe normare la fascia di demanio marittimo, di proprietà pubblica, e non l’area contigua di proprietà privata che è di competenza dei piani urbanistici quali PRG o PUG. Invece si vanno a definire destinazioni d’uso di aree in contrasto con l’attuale strumento urbanistico, aprendo la strada, surrettiziamente o a varianti al PRG o effettuando scelte che saranno specifiche del PUG, ma senza la trasparenza, la comunicazione, la consultazione e la pubblicità tipiche dello strumento urbanistico principale. La tipizzazione di tali destinazioni d’uso è un arbitrio. Con forti sospetti di illegittimità.

4 Sperequazione. Un esempio degli orrori che scaturiscono dal precedente approccio è fornito dalla mancata osservanza del principio di perequazione, ormai obbligatorio per legge nei PUG così come in provvedimenti adottati dallo stesso Comune (DPP adottato nel 2009). In sostanza consiste nella disparità di trattamento che la destinazione d’uso delle varie aree costiere va inevitabilmente a generare tra le diverse tipologie di proprietà fondiaria: alcuni soggetti ricevono vantaggi e, per converso, altri risultano penalizzati dalla possibilità o meno di svolgere determinate attività. 
Le moderne tecniche di perequazione hanno invece lo scopo di rendere uguali, di fronte alle scelte compiute dall’ente pianificatore, i proprietari delle aree interessate allo sviluppo urbanistico. 
Principio totalmente ignorato dall’attuale versione del PCC.

5 Coerenza della fascia costiera con il PPTR. Altra conseguenza della invadenza del PCC nelle aree di competenza del piano urbanistico è la nota mancanza della attestazione di coerenza dell’attuale PRG con il piano paesaggistico regionale (PPTR). Ciò porta ad un quadro poco chiaro circa l’applicabilità delle norme di attuazione del piano, le quali, dove riferite ad aree non di effettiva competenza del piano, ovvero esterne a quelle demaniali di competenza regionale (quindi delegabili al Comune), non avrebbero alcuna efficacia e resterebbero “sospese” fino all’approvazione della variante al PRG o (come auspichiamo) del PUG, fatti salvi i vincoli e le destinazioni già esistenti.

6 Libera fruizione delle coste. È uno degli obiettivi principali di un piano delle coste: consentire a tutti di poter fruire liberamente del demanio marittimo. Affinché ciò sia possibile concretamente è necessario che siano disponibili accessi al mare e parcheggi così come servizi igienici. Nessuno di questi aspetti viene affrontato e risolto dal piano. Anzi, la potenziale privatizzazione di aree demaniali non potrà che ridurre la libera fruizione delle coste.

7 Mancata azione di protezione. Altro obiettivo del PCC è relativo alla protezione delle coste, per esempio dalle continue erosioni. Inoltre, qualunque infrastruttura si decidesse di installare sulle nostre spiagge, tipo pedane o piattaforme, verrebbero spazzate via alla prima mareggiata. Sarebbero quindi opportune delle dighe frangiflutto, come quelle esistenti lungo l’Adriatico nel tratto marchigiano. Inutile dire che il piano non prevede alcunché al riguardo, anzi viene esplicitamente dichiarato che non è prevista alcuna infrastruttura in mare.

8 Mancata effettuazione VINCA. L’acronimo sta per Valutazione di Incidenza Ambientale, procedura obbligatoria per le aree definite Sito di Interesse Comunitario (SIC), come l’intera costa molese in quanto appartenente al posidoneto che va da S. Vito a Barletta. Quasi inutile evidenziare che tale valutazione non è stata effettuata, mettendo a rischio la legittimità del PCC.

9 Mancata effettuazione VAS. Come ricordato dalla stessa delibera di adozione del PCC, questo è soggetto a verifica di assoggettabilità a Valutazione Ambientale Strategica, indispensabile prima della stessa adozione, e comunque nella fase preliminare della procedura di formazione del piano. La delibera si limita invece a demandare all’Ufficio competente l’effettuazione di tale verifica, esponendo il provvedimento a irregolarità. Anche questa mancanza mette a rischio la legittimità del PCC.

10 Concorrenza? La legge regionale che disciplina la tutela e l’uso della costa (L.R. n. 17/2015) all’art. 8, comma 2 prescrive: “La concessione è rilasciata all’esito di selezione del beneficiario effettuata attraverso procedura a evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, proporzionalità, efficienza e parità di trattamento, nonché della libera concorrenza.” Ma considerando l’esiguità della fascia demaniale costiera, i servizi collegati alla concessione di stabilimenti balneari o di spiagge attrezzate potranno essere posizionati solo all’interno delle aree private contigue alla fascia demaniale. Come potrà quindi essere garantita la libera concorrenza? In pratica potranno partecipare all’assegnazione di concessioni solo i proprietari dei suoli contigui al demanio marittimo.

11 Abusivismo. La fascia costiera molese è dilaniata da ogni tipo di abusivismo, grande e piccolo. Come è possibile pianificare l’utilizzo della costa e predisporre i relativi servizi senza un censimento adeguato di tali costruzioni abusive? Nella ricchissima e spesso pletorica cartografia non sono neanche individuati tutti i “villaggi vacanze” abusivi di proprietà comunali che abbiamo segnalato nei mesi scorsi. Così come si tace totalmente su costruzioni private adagiate in area demaniale (ad es. i famosi muri sull’acqua sia a Nord che a Sud del centro abitato), mentre una delle azioni del Piano delle Coste sarebbe quello del recupero di aree degradate o sottratte alla fruizione pubblica.

12, 13, 14… sono innumerevoli le manchevolezze del Piano delle Coste appena adottato. Al riguardo stiamo preparando una lunga serie di osservazioni che provvederemo ad inoltrare secondo l’apposita procedura. Ma considerando la struttura del Piano, è pressoché impossibile migliorarlo attraverso lo strumento delle osservazioni: è necessario annullarlo in autotutela e riscriverlo totalmente nelle parti dettaglio.

A tale scopo abbiamo provveduto a richiedere alla Regione un parere sulla regolarità di questo PCC. Che non possiamo non commentare con le parole con cui abbiamo aperto questa nota: l’orrore, l’orrore…

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