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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

"LE DUE ROSE" PRESENTAZIONE A MOLA - CULTURE CLUB CAFE" - 26 GENNAIO 2018



Venerdì 26 Gennaio 2018 alle ore 18.30 
presso la libreria Culture Club Cafè in Mola di Bari
ci sarà la presentazione del libro di Vitangelo Magnifico, "Le due Rose".

Trattasi della commedia in tre atti scritta da Piero Delfino Pesce nel 1933 che  fu rappresentata per la prima volta nel 1974 al Teatro “N. Van Westrhout” di Mola  dalla Compagnia Filodrammatica Molese diretta da Lucio Delfino Pesce, figlio dell’Autore, in occasione del Centenario della nascita dell’illustre intellettuale molese.

Fu allora, infatti, che Vitangelo Magnifico curò la traduzione in molese, che ora viene pubblicata con il testo originale a fronte e con la revisione dialettale del glottologo anglo-canadese Terry Brian Mildare, studioso del dialetto molese e Cittadino Onorario di Mola.

L’evento nasce dalla sinergia collaborativa  della Pro Loco molese, della Compagnia Teatramico,  di Città Nostra ed ovviamente della Libreria Culture Club Cafè che ospita la presentazione e dalla Casa editrice Gelsorosso.

Ad accompagnarci in questo percorso di riscoperta del nostro passato
ci sarà  Mariella Dellegrazie, Docente presso l’IISS di Mola.

Interverranno, oltre a Vitangelo Magnifico,
Francesco Saverio Minervini, Docente di Storia del Teatro presso l’Università di Bari, autore della  prefazione del libro e Sabino Rutigliano, Presidente della Pro Loco di Mola di Bari.

Toccherà a Rino Giuliani, Vanna Moccia e Marilena Berardi della Compagnia Teatramico,  leggere alcuni brani del libro. 

Nella prefazione a cura di F.S. Minervini, possiamo leggere:

“Il ritorno a Mola dell’emigrante Pietro è, dunque, il motivo narrativo che innesca una serie di vicissitudini psicologiche ne Le due Rose: il tradimento e il senso di peccato nella moglie Rosodda, il desiderio di vendetta di Pietro, marito tradito e l’impressione di onore che intende ristabilire, la tenacia sentimentale di Andrea, l’amante che non vuole rinunciare alla donna, le mire della giovane Rosina che vorrebbe accaparrarsi Pietro e la sua fortuna e che, invece, si vede costretta a ‘ripiegare’ su un Giacomo, un altro fortunato molese d’America. Evidente è l’intenzione di Delfino Pesce di trasferire e denunciare nella tragicità dell’emigrazione la gravità della condizione economica e sociale nella quale versava la popolazione italiana e quella meridionale, in particolar modo. Proprio in questa sottile contestazione della rottura dei legami familiari, l’avvocato molese individua la più grave ed irreparabile conseguenza delle storture della società e della politica dell’epoca; la sofferenza dell’abbandono, la corsa ad accaparrarsi una condizione migliore, il desiderio di ritorno ad uno status quo definitivamente passato animano, non a caso, la scena finale della stazione. Quello diviene un luogo ideale, in cui si riassumono le molte sofferenze e le poche speranze, in cui si mescolano la dimensione del passato e quella del futuro, nella perenne sospensione del presente”. 


L' Ingresso è libero.

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