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Omicidio Bruna Bovino: La Cassazione ribalta la sentenza di assoluzione di Colamonico.


Orario della morte, DNA, ustioni sulle mani;  l'ex amante di nuovo nei guai.


Non si muore di solo Coronavirus ed, ovviamente non lo si fa solo attualmente.
Per quanto a Mola di Bari di terrorismo o terremoto e varie calamità si parla raramente, la cronaca, quella nera, la si sfiora, per fortuna, in poche occasioni.

Si preferisce parlare di eccellenze, tipo Tenuta Pinto o di iniziative, tipo Telethon e di tutti gli aspetti che possono rappresentare un fiore all'occhiello di una cittadinanza che al massimo mette in evidenza qualche stravaganza, ma quasi mai qualcosa di estremamente negativo a tutti gli effetti.

Per questo lo scalpore che destò, qualche anno fa, la vicenda di Bruna Bovino, non accenna ad esaurirsi, anche perché, quella che è diventata nel frattempo, una specie di telenovela, non accenna a volgere al suo termine.

Giustizia, spesso, è considerata una parola troppo grossa, per la realtà nella quale viviamo e prefetto, commissario prefettizio, ecc., sono nomi che utilizziamo in altri ambiti.

La Cassazione ha annullato, però, la sentenza della Corte di Assise di Bari, che aveva assolto Antonio Colomonico, praticamente da subito l'unico indiziato, dall’accusa dell’omicidio dell’ex amante, uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari.

Quindi si ricomincia tutto dal principio?
In un certo senso, si ed è una ricaduta per colui che, intervistato dal programma televisivo "Le Iene", nel corso degli anni, ha sempre mostrato estrema sicurezza.

Un articolo de "La Gazzetta del Mezzogiorno", dal quale prendiamo spunto, ha riportato agli onori della cronaca la vicenda qualche giorno fa.

Ricordiamo che il corpo della 29enne italo-brasiliana fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata.
La Corte di Assise di Bari condannò, in primo grado, Antonio Colamonico a 25 anni di reclusione per omicidio.

Fu la Corte di Assise di Appello, a novembre 2018, a ribaltare tutto ed ad assolvere l’imputato.
Un sospiro di sollievo per colui che è stato subito indicato come colpevole, ma da allora ci chiediamo chi sia l'assassino e se dobbiamo essere tranquilli ad averlo, eventualmente, ancora in giro tra le nostre strade.

Adesso la notizia è che la Cassazione ha annullato l’assoluzione, disponendo ci sia un nuovo processo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Bari.

Nella sentenza di appello, infatti, sarebbero stati tralasciati quelli che sono descritti come "indizi fondamentali", sui quali si concentra il ragionamento della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 10 gennaio ha annullato con rinvio l’assoluzione dell'imputato.

L’orario della morte, la presenza di tracce di DNA sul corpo della vittima riconducibili solamente a Colamonico, le lesioni da ustioni sulle mani dell’uomo; insomma non dettagli da poco conto.

Per i giudici della Cassazione indizi come "l’ora presuntiva di morte e il tempo di propagazione dell’incendio" sarebbero stati "forzatamente interpretati all’unico scopo di validare l’insostenibile premessa che Bovino fosse ancora viva alle 18.20 del 12 dicembre 2013".

Ed è ovvio che "Su questo presupposto – ricostruiscono i giudici – si regge fondamentalmente la pronuncia assolutoria, essendo l’imputato dotato, in relazione a tale orario, di un solido alibi".

Chiaramente se da un'ulteriore analisi di stabilisce che si tratta "di presupposto totalmente privo di credibilità razionale, nel quadro degli accadimenti susseguitisi in quel tragico pomeriggio", il tutto si può tranquillamente ribaltare mettendo tutto in discussione.

Se si parte dal presupposto che "almeno a partire dalle 18.12 il centro estetico di Bovino era stato individuato come il luogo da cui proveniva l’odore di bruciato", risulta difficile credere "che in pochi minuti possa esservi stato il tempo, per chiunque, di introdursi nel centro, aggredire e uccidere Bovino secondo le articolate modalità poi riscontrate, e infine dileguarsi, risistemato nell’aspetto, dopo aver cosparso il locale di liquido infiammabile e aver avviato il fuoco".

Quindi, si, è vero, ritorniamo al punto di partenza; grazie a questo nuovo punto di vista, sarà  la Corte di Assise di Appello di Bari, a dover decidere quale sarà il finale di questa bruttissima vicenda.
Ovviamente attraverso altri giudici, sperando che si riesca ad arrivare ad una soluzione che possa soddisfare tutti e che finalmente renda giustizia alla vittima ed ai suoi parenti.

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