Il "caso Giuli" allo Strega: un ministro senza libri e con troppa supponenza
Polemica surreale per il Ministro della Cultura, che si lamenta di non aver ricevuto i volumi finalisti nonostante si fosse dimesso dalla giuria.
La risposta del direttore della Fondazione Bellonci, Stefano Petrocchi, è stata un vero e proprio colpo da maestro, un esempio di sottile ironia che resterà negli annali delle gaffe ministeriali.
"Non gli abbiamo inviato i libri del premio," ha dichiarato Petrocchi, "perché chiediamo agli editori di spedirli unicamente alla giuria dello Strega, da cui si è dimesso il giorno stesso della sua nomina al ministero della Cultura."
In pratica, il ministro Giuli si era dimesso dalla giuria dello Strega il giorno stesso in cui era stato nominato al Ministero della Cultura, presumibilmente per evitare un potenziale conflitto di interessi o per dedicarsi appieno al suo nuovo incarico.
E, a quanto pare, lo aveva fatto "a sua insaputa", per poi protestare con alterigia per essere stato escluso da un privilegio al quale non aveva più diritto.
Un cortocircuito kafkiano che dipinge un quadro grottesco e imbarazzante per l'attuale esecutivo.
Questa vicenda si inserisce in un filone ormai consolidato: ogni volta che un esponente del governo attuale, in particolare i ministri di area meloniana, si approccia al mondo dei libri, del Premio Strega o della cultura in generale, sembra destino che accadono situazioni surreali.
Dall'ormai celebre episodio di Sangiuliano alla questione dei libri non letti, fino a questa ultima, clamorosa, débâcle di Giuli, la sensazione è che ci sia una disconnessione preoccupante tra l'esecutivo e il mondo culturale italiano.
Il "caso Giuli" non è solo una curiosa aneddoto, ma un sintomo di una gestione della cultura che, a volte, sembra peccare di conoscenza
Resta da vedere quali saranno le conseguenze politiche e di immagine per il ministro Giuli e per il governo, ma una cosa è certa: questa "perculata" rimarrà a lungo nella memoria collettiva.
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