Anche da Julio Velasco: "Andare a votare è un atto di democrazia". Lezione a La Russa, Meloni e Salvini sull'integrazione
Il CT dell'oro olimpico sferza i politici che invitano all'astensione e spiega perché il voto al referendum è un dovere civico e un investimento per il Paese: "Giusto, necessario e conveniente dare la cittadinanza dopo cinque anni"
Mentre figure politiche ... Purtroppo... di spicco come Ignazio La Russa, Matteo Salvini, e Giorgia Meloni invitano all'astensione o addirittura al boicaggio dei referendum, restituendo le schede, emerge una voce autorevole e controcorrente.
Julio Velasco, commissario tecnico della nazionale italiana di pallavolo femminile, fresca vincitrice dell'oro olimpico a Parigi e con un contratto rinnovato fino alle Olimpiadi di Los Angeles 2028, si è distinto per una chiara e ferma posizione a favore della partecipazione referendaria e del voto.
Il tecnico, ampiamente riconosciuto come una delle menti più brillanti nel panorama sportivo e non solo, ha offerto una vera e propria lezione di politica, welfare, diritti e democrazia.
In pochi minuti, infatti, ha smontato la retorica dell'astensionismo, sottolineando come andare a votare sia "positivo per la democrazia", a prescindere dall'orientamento del voto.
Ha poi spiegato le sue motivazioni per votare "Sì" al referendum, concentrandosi in particolare sulla questione della cittadinanza per gli stranieri residenti in Italia.
L'allenatore ha argomentato che le persone che vivono in Italia, parlano italiano, non hanno precedenti penali, pagano le tasse e hanno un contratto di lavoro — requisiti che lui stesso definisce "molto severi" — non dovrebbero attendere dieci anni per avviare il processo di richiesta della cittadinanza.
La sua proposta è che possano farlo dopo cinque anni, sapendo che il processo richiederà comunque almeno altri otto anni.
Il CT, come riportato da "La Repubblica" e durante un'intervista a "Casa Italia" di Rai Italia, ha attaccato direttamente il Governo Meloni sulla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia da genitori stranieri.
"La pallavolo femminile, per questioni sociologiche, ha più ragazze di origine africana, ha qualche giocatrice come Fahr figlia di tedeschi, o Antropova figlia di genitori russi. Sono nate o hanno studiato in Italia.
E a me sembra assurdo che io, grazie a mio nonno Schiaffino arrivato in Argentina a dieci anni, avrei potuto prendere la cittadinanza senza aver mai visitato l'Italia e parlato l'italiano. Invece non lo possono fare ragazzi e ragazze nate in Italia".
Per Velasco si tratta di "un'idea vecchia di nazione e non di Paese che secondo me è assolutamente superata.
Però sono bandiere politiche che si usano invece di prendere nota della realtà".
In questo contesto, l'allenatore ha proseguito, "lo sport riflette una seconda ingiustizia.
Quando conviene, i figli di migranti diventano italiani.
È quando non conviene che non diventano italiani.
Anche quei partiti che votano contro sono d'accordo se conviene.
Quando sono semplici figli di migranti devono aspettare dieci anni".
Questo sottolinea un'ipocrisia di fondo: lo sport accoglie e celebra l'integrazione quando essa porta successi e medaglie, ma la politica fatica a riconoscere gli stessi diritti a chi vive e contribuisce al Paese lontano dai riflettori.
Velasco ha rincarato la dose proponendo uno "ius tutto": un concetto che dovrebbe includere lo ius soli (diritto di cittadinanza per chi nasce sul territorio), lo ius scholae (per chi completa un ciclo di studi in Italia) e lo ius sport (per meriti sportivi).
"Nel mondo di oggi un ragazzo che nasce, studia, lavora in Italia deve diventare italiano, e non ha senso che prendano il passaporto ragazzi che vogliono solo una possibilità.
'Non si sa mai', si dice in Argentina sulla scelta di essere italiani o spagnoli.
Va bene, ma allora perché non può uno nato qua?", ha concluso il CT, evidenziando l'assurdità di un sistema che discrimina chi è radicato nel Paese.
Il successo degli azzurri alle Olimpiadi di Parigi 2024, proprio come accaduto dopo i giochi di Tokyo 2020, ha riacceso il dibattito sulla concessione della cittadinanza italiana agli stranieri.
È un tema che polarizza e che, proprio in questi giorni, ha provocato scossoni all'interno della stessa maggioranza di governo.
I grandi eventi sportivi internazionali fungono spesso da catalizzatore per questa discussione. Sono numerosi, infatti, gli atleti della nazionale italiana in diverse discipline che hanno origini straniere.
Molti di loro sono italiani di seconda generazione, con genitori stranieri che si sono stabiliti in Italia da anni e che magari non hanno mai visitato il Paese di provenienza della famiglia.
Attualmente, i minori nati in Italia da genitori stranieri devono attendere i 18 anni per poter richiedere la cittadinanza italiana.
Una procedura che, una volta avviata, può richiedere anni per avere esito.
Le eccezioni a questo criterio sono poche, tra cui quelle a vantaggio degli atleti, che possono beneficiare di un processo "accelerato" e ottenere il passaporto italiano per meriti sportivi.
Questo è esattamente il meccanismo che ha permesso a Velasco stesso di ottenere la cittadinanza in passato.
Ampliare le maglie della concessione della cittadinanza, soprattutto ai minori che nascono in Italia, è una priorità dei partiti del centrosinistra, che hanno presentato numerosi disegni di legge in Parlamento.
Ma adesso anche Forza Italia, il partito del vicepremier Antonio Tajani, ha mostrato un'apertura allo ius scholae, segno che il dibattito è in continua evoluzione e potrebbe portare a importanti cambiamenti.
Il CT ha rafforzato la sua posizione raccontando la propria esperienza personale.
Arrivato in Italia nel 1983, ha avuto la fortuna di ricevere la cittadinanza per meriti sportivi direttamente dal Presidente della Repubblica.
Un privilegio, ha sottolineato, che ha rappresentato un enorme vantaggio non solo per lui, ma per tutta la sua famiglia e, soprattutto, per i suoi figli.
Velasco ha evidenziato come la cittadinanza aumenti significativamente le possibilità di piena integrazione nella società e offra maggiori opportunità lavorative.
Ha invitato a considerare l'integrazione non solo come un atto di giustizia, ma anche da un punto di vista "utilitaristico", riconoscendone la necessità e la convenienza per l'intera società.
In sintesi, il messaggio di Julio Velasco è triplice: è giusto, è necessario ed è conveniente andare a votare e favorire l'integrazione.
Un discorso che unisce etica e pragmatismo, distanziandosi nettamente dalle posizioni di chi, per ragioni diverse, sembra voler indebolire la partecipazione democratica e limitare i processi di integrazione.
Le parole di Velasco risuonano come un monito per l'Italia, ricordando l'importanza del contributo individuale alla democrazia e il valore inestimabile dell'apertura e dell'inclusione.
Resta da vedere se il suo appello, carico di buon senso e lungimiranza, riuscirà a superare le barriere ideologiche e a raggiungere chi dovrebbe trarne maggiore ispirazione.
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