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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Sinner perde una partita ed accade l'inverosimile: l'assurda gogna mediatica di chi non capisce non tanto il tennis, quanto la vita.



Una sconfitta fisiologica per il numero uno al mondo scatena ondate di insulti e sentenze, rivelando un tifo malato e una totale ignoranza dei numeri e della realtà sportiva.


Jannik Sinner è umano. 
Questa, in sintesi, la "notizia" che sembra aver sconvolto il mondo del tennis e non solo dopo la sua recente sconfitta ad Halle contro Alexander Bublik. 

Un'unica partita persa, eppure è bastata a scatenare un'ondata di critiche, insulti e sentenze definitive da parte di un pubblico che, evidentemente, ha la memoria corta o un rapporto distorto con lo sport.

Il dibattito che ne è scaturito è emblematico di un fenomeno preoccupante: la trasformazione del tennis, da sport di eleganza e rispetto, in una sorta di arena calcistica dove frustrazioni e ignoranza trovano libero sfogo.
 
"È finita", "Dopato", "Non è più lui", "Crucco" – questi alcuni degli epiteti che hanno invaso il web e i social, vomito puro nei confronti di un atleta che, dati alla mano, è un fenomeno assoluto.

Basterebbe dare uno sguardo ai numeri per zittire gli odiatori. 
Negli ultimi diciotto mesi, Jannik Sinner ha vinto tre Slam su sei disputati, portando a casa anche due Coppe Davis (quasi da solo) e le ATP Finals. Ha dominato il circuito per 52 settimane consecutive, rimanendo saldamente al numero uno del mondo, nonostante tre mesi di stop forzato per infortunio all'anca e per altre vicissitudini.

Dal 2024 a oggi, il suo record è impressionante: 100 vittorie e solo 9 sconfitte. 
Di queste, ben 5 sono arrivate contro un unico avversario: Carlos Alcaraz. 
Questo dato è cruciale e mette in prospettiva le sue rare battute d'arresto. 
Al di fuori del fuoriclasse spagnolo, con cui Sinner sta costruendo una delle rivalità più avvincenti e tecnicamente elevate della storia recente del tennis, le sconfitte di Jannik si contano sulle dita di una mano.

E se andiamo ad analizzare anche quelle poche sconfitte, il quadro diventa ancora più chiaro. Contro Stefanos Tsitsipas, un clamoroso errore arbitrale gli ha negato un doppio break che sarebbe stato decisivo. 
A Wimbledon, contro Daniil Medvedev, si è scoperto solo in seguito che Sinner stava combattendo con una crisi gastro-intestinale e la notizia di un caso di doping nell'ambiente.

La sconfitta di ieri ad Halle contro Alexander Bublik, poi, rientra in una logica tennistica ben precisa. 
Chi segue il tennis sa che Bublik, in certi giorni, specialmente sull'erba e in un torneo come Halle (che aveva già vinto proprio contro Sinner in precedenza), può esprimere un tennis da top 5. La sua imprevedibilità e il suo gioco aggressivo sull'erba sono una minaccia per chiunque, ed era già successo a Sinner di incappare nella giornata di grazia del kazako.

Eppure, questa singola sconfitta ha fatto il giro del mondo, generando stupore e incredulità. 
Ma la realtà è semplice: una sconfitta di Sinner fa notizia proprio perché non accade (quasi) mai. Quando un'eccezione diventa un evento mondiale, significa che stiamo parlando di un atleta fuori dal comune, un vero fenomeno.

Non stiamo quindi parlando di tennis in senso stretto, né tantomeno di Jannik. 
Lui, per fortuna, non è un robot; perde, e ha tutto il diritto di farlo. 
Anzi, in certi momenti dell'anno e in certi tornei, una sconfitta può persino essere salutare, alleggerendo la pressione e permettendo di ricalibrare gli obiettivi.

Questa "cloaca maxima" di commenti tossici rivela piuttosto il modo in cui una certa parte di pubblico si rapporta allo sport: come sfogatoio per le proprie frustrazioni, con un tifo da arena, calcistico, ultrà. 
Questo vale non solo per gli "odiatori" di Sinner, ma anche per i sedicenti "sinneriani" che offendono gli avversari del loro idolo, dimostrando di non aver compreso nulla non solo del tennis, ma anche dello spirito del loro beniamino.

Sinner ha avuto il merito immenso di rendere il tennis uno sport nazionale e popolare in Italia, avvicinando un pubblico vastissimo a racchette e palline. 
Ma, suo malgrado e senza alcuna colpa, ha anche innescato un processo di "calcistizzazione" del tennis, trasformandolo in una curva da stadio, con le sue tribù, le sue fazioni e le sue miserie, un'ignoranza ostentata e senza vergogna.

La sconfitta contro Bublik ci ha ricordato che anche Jannik è umano, ed è una notizia positiva. Lo proietta a Wimbledon senza il peso – ma anche la pressione – del favorito assoluto, una condizione che, a ben vedere, potrebbe non essere affatto un male.

Viva sempre Jannik Sinner. 
Soprattutto oggi, quando sul carro dei vincitori si sta un po' più larghi, e si può respirare un'aria più pulita.

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