Budapest sfida Orbán: Migliaia in piazza per il Pride, anche l'Italia in prima linea per i diritti LGBTQIA+ cominciando dalla Salis a Genova.
Nonostante divieti e minacce, la capitale ungherese si tinge d'arcobaleno. In Italia, Genova segna un precedente storico per le famiglie omogenitoriali, mentre la politica si divide e il dibattito si infiamma.
Oggi, sabato 28 giugno 2025, la capitale ungherese Budapest è teatro di un Pride LGBTQIA+ di portata storica, sfidando apertamente il divieto imposto dal Primo Ministro Viktor Orbán.
Nonostante le severe sanzioni previste, tra cui un anno di carcere e multe fino a 500 euro, gli organizzatori hanno mantenuto ferma la decisione di sfilare, trasformando l'evento in un potente atto di resistenza.
La giornata è caratterizzata anche da una tensione palpabile, a causa di una contromanifestazione autorizzata del gruppo di estrema destra HVIM, intenzionato a bloccare il corteo.
Per garantire la sicurezza dei partecipanti, il percorso del Pride è stato comunicato solo all'ultimo minuto.
A sostegno della comunità LGBTQIA+ ungherese, numerosi eurodeputati di sinistra, socialisti, democratici e liberali hanno preso parte alla marcia, con una nutrita delegazione spagnola guidata dalla vice prima ministra Yolanda Díaz.
L'opposizione ungherese ha invitato alla calma, esortando a non cedere alle provocazioni, mentre la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha lanciato un appello all'Ungheria affinché consentisse il Pride senza timore di ritorsioni.
Le immagini giunte da Budapest mostrano una vera e propria marea umana che ha invaso le strade della città, dimostrando una determinazione inarrestabile.
Migliaia di partecipanti, molti dei quali provenienti dall'Italia, hanno sfidato i blocchi dell'estrema destra e la potenziale repressione per ribadire che "famiglia è ovunque ci sia amore".
Tra i volti noti presenti al corteo di Budapest spicca quello della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein.
La sua partecipazione è stata un gesto politico e democratico di grande rilevanza, un messaggio chiaro agli ungheresi e all'Europa intera che non sono soli.
"Siamo qui per dire che l'amore non si vieta per legge," ha dichiarato Schlein, "che non si può cancellare la nostra differenza per legge.
Non si può cancellare l'identità di genere.
Non si possono cancellare i nostri corpi perché esistono.
E oggi li stringeremo così forte insieme, che gli odiatori non passeranno. No pasaran!"
Mentre l'attenzione internazionale è puntata su Budapest, in Italia il dibattito sui diritti LGBTQIA+ continua a evolversi, seppur tra polemiche e resistenze.
Un esempio lampante arriva da Genova, dove la sindaca Silvia Salis ha scritto una pagina importante nella storia del Paese.
Per la prima volta, infatti, due madri sono state registrate all'anagrafe come genitrici di una bambina, un atto che la sindaca ha definito un "atto di giustizia" e il riconoscimento di un "diritto sacrosanto".
Fino ad oggi, questo diritto veniva riconosciuto solo alla madre biologica.
La decisione di Salis, rivendicata con orgoglio, si basa su una sentenza della Corte Costituzionale. Come ha sottolineato la sindaca,
"Oggi semplicemente applichiamo una sentenza della Corte Costituzionale e non stiamo facendo un favore a nessuno, né stiamo facendo una fuga in avanti.
Oggi facciamo quello che deve fare un'amministrazione comunale nel 2025".
Questo evento a Genova riaccende il faro sulla necessità di un cambiamento culturale in Italia, dove "farneticazioni ignoranti di Vannacci o la bifolcheria di Salvini" spesso monopolizzano il dibattito pubblico.
La decisione di Genova dimostra che "non sono tutti uguali" e che votare rappresentanti che difendono e tutelano i diritti è fondamentale per un Paese che si definisce civile.
Il messaggio è chiaro: "famiglia è ovunque ci sia amore", un concetto che dovrebbe essere ovvio ma che, in un Paese ancora segnato da fascismi e bigottismo, spesso non lo è.
Nonostante il gesto progressista di Genova e la solidarietà mostrata a Budapest, la strada per la piena uguaglianza in Italia rimane in salita.
Il governo italiano, infatti, ha mantenuto una posizione conservatrice su molti temi legati ai diritti LGBTQIA+, spesso in contrasto con le spinte progressiste di altre nazioni europee e le sentenze dei tribunali.
L'assenza di un rappresentante governativo italiano tra i partecipanti al Pride di Budapest è stata sottolineata come un sintomo di questa distanza.
La battaglia per i diritti, come ribadito da chi ha sfilato a Budapest e sostenuto la decisione di Genova, è una battaglia che dovrebbe essere di tutti, "senza colore".
Nonostante le difficoltà e le opposizioni, il messaggio che emerge da queste giornate è di forte determinazione: "Noi non ci arrenderemo mai.
Se ne facciano una ragione".
Il Pride di Budapest e il passo storico di Genova rappresentano due facce della stessa medaglia nella lotta globale per i diritti LGBTQIA+.
Mentre l'Ungheria si scontra con l'autoritarismo, l'Italia compie piccoli ma significativi passi avanti, dimostrando che il cammino verso un futuro più inclusivo è ancora lungo, ma inarrestabile.
Commenti