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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Netanyahu candida Trump al Nobel per la Pace: l'assurdità di un mondo parallelo.



E nessuno quasi si scandalizza!

Con una mossa che ha lasciato molti a bocca aperta e ha sollevato non poche perplessità, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha formalmente candidato Donald Trump al Premio Nobel per la Pace. 

La notizia, tutt'altro che una semplice provocazione, è stata confermata da una lettera ufficiale inviata al comitato di Stoccolma, in cui Netanyahu ha elogiato l'ex presidente americano per i suoi presunti sforzi in favore della pace globale.

Netanyahu ha motivato la sua scelta affermando che "mentre parliamo, Trump sta forgiando la pace in un Paese, in una regione dopo l'altra". 

Questa dichiarazione si riferisce, con ogni probabilità, agli Accordi di Abramo, mediati dall'amministrazione Trump, che hanno portato alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Sudan e Marocco. 

Questi accordi sono stati indubbiamente un passo significativo per le relazioni diplomatiche nella regione, ma la loro portata e il loro impatto sulla pace generale sono ancora oggetto di dibattito tra gli analisti.

L'assurdità di questa candidatura, tuttavia, risiede nel contesto attuale e nelle figure coinvolte. 

Da un lato, Benjamin Netanyahu, che in diversi contesti è stato oggetto di critiche internazionali e accuse riguardanti azioni militari e violazioni dei diritti umani. 

Dall'altro, Donald Trump, il cui mandato presidenziale è segnato da politiche estere controverse, decisioni unilaterali e un approccio spesso aggressivo alle relazioni internazionali.

Le accuse di aver sostenuto il genocidio a Gaza o di aver bombardato paesi in violazione del diritto internazionale, contribuiscono a creare un'immagine di "gangster" e "criminale di guerra".

La candidatura di Trump al Nobel per la Pace da parte di Netanyahu è stata proposta in passato anche da altri, principalmente per gli Accordi di Abramo. 

Tuttavia, il contesto geopolitico attuale, con il conflitto in corso a Gaza e le crescenti tensioni internazionali, rende questa nomination particolarmente stridente e difficilmente comprensibile per molti osservatori.

Il fatto che questa candidatura non abbia generato un maggiore scandalo pubblico in alcuni contesti solleva interrogativi sulla percezione collettiva delle figure politiche e delle loro azioni. 

Sembra quasi che l'opinione pubblica sia diventata insensibile a certe "assurdità", abituandosi a un mondo in cui le narrazioni si sovrappongono e le etichette vengono scambiate con una facilità disarmante. 

In questo "mondo parallelo", la distinzione tra chi promuove la pace e chi contribuisce ai conflitti diventa sempre più labile, lasciando spazio a una disorientante inversione dei valori.

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