Il Senato salva Sangiuliano: negata l’autorizzazione a procedere per peculato.
L'ex ministro della Cultura evita il processo dopo la richiesta del Tribunale dei ministri per le "chiavi d'oro" di Pompei, donato a una funzionaria poco prima della fine del suo mandato.
Il Senato ha negato l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, scampando così al processo per peculato.
La decisione, presa a maggioranza, ha respinto la richiesta del Tribunale dei ministri di Napoli che lo aveva accusato di aver donato a Maria Rosaria Boccia, ex funzionaria della Soprintendenza di Pompei, le "chiavi d'oro" della città, del valore di circa 14.000 euro, poco prima della scadenza del suo mandato.
Il peculato, contestato a Sangiuliano in qualità di ex direttore del quotidiano Roma, riguardava proprio l'appropriazione indebita di un bene pubblico a fini privati.
L'accusa si basava sul fatto che le chiavi non erano di sua proprietà, bensì della Soprintendenza.
La giunta per le immunità del Senato aveva già espresso parere negativo all'autorizzazione, sostenendo che le azioni di Sangiuliano non avessero alcuna attinenza con la sua carica di ministro.
Questa interpretazione è stata poi confermata dal Senato, che ha votato in linea con la raccomandazione della maggioranza.
Indipendentemente dalle vicende giudiziarie, il mandato di Gennaro Sangiuliano come ministro della Cultura è stato oggetto di forti critiche.
Le accuse di nepotismo, le frequenti gaffe e una gestione percepita come poco efficace hanno sollevato perplessità e dibattiti accesi sulla sua idoneità a ricoprire un ruolo così delicato.
Molti critici ritengono che la sua gestione abbia mancato di visione a lungo termine per il settore culturale italiano, concentrandosi invece su iniziative giudicate estemporanee o di scarsa rilevanza strategica.
L'episodio delle "chiavi d'oro" si inserisce in un quadro più ampio di polemiche che hanno segnato il suo percorso politico e che, per molti, offuscano il giudizio sul suo operato.
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