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Meloni predica in una maniera ed agisce nell'altra. Chiede 14 Miliardi all'Europa per il Riarmo: Tra Promesse e Realtà



Un repentino cambio di rotta del governo italiano sulla spesa militare e i prestiti europei.

Un tempo paladina di un'Europa "strozzina" e avversa a qualsiasi forma di prestito comunitario, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si trova ora al centro di una mossa che segna un netto cambio di rotta rispetto alle sue precedenti dichiarazioni. 

Secondo quanto rivelato da "Repubblica", nella notte tra il 30 e il 31 luglio 2025, il governo italiano ha formalmente richiesto all'Unione Europea un prestito SAFE (Support to Affordable Energy) di 14 miliardi di euro, da erogarsi in cinque anni. 
L'obiettivo dichiarato: finanziare il riarmo e l'incremento del 5% delle spese militari.
Una barzelletta se non si trattasse di armi.

La notizia solleva interrogativi e polemiche, soprattutto alla luce delle ferme posizioni espresse in passato dalla stessa Meloni e dal suo partito contro l'Europa del MES e dei "cappi al collo". 

Per anni, la retorica nazionalista ha dipinto Bruxelles come un'entità pronta a imporre condizionalità stringenti e a sottrarre sovranità all'Italia. 

Ora, la richiesta di un prestito, seppur a tasso agevolato, evidenzia la distanza tra gli slogan elettorali e le esigenze concrete della governabilità.

Il prestito SAFE, un meccanismo concepito inizialmente per sostenere gli Stati membri nell'affrontare i costi elevati dell'energia, viene qui impiegato per un fine diverso: quello della difesa. 

L'Italia, come molti altri paesi europei, è impegnata in uno sforzo di adeguamento delle proprie capacità militari, anche in risposta al mutato scenario geopolitico e alle crescenti pressioni degli alleati, in primis gli Stati Uniti, tanto per cambiare, per un aumento della spesa in difesa.

Meloni aveva più volte rassicurato gli italiani che "non un euro sarà tolto dal welfare per il riarmo". 
Tuttavia, la necessità di ricorrere a un prestito europeo per finanziare l'aumento delle spese militari suggerisce che le risorse interne, almeno per ora, non sono sufficienti a coprire tale fabbisogno senza intaccare altri settori cruciali. Quei 14 miliardi di euro, pur a condizioni agevolate, non sono un regalo: dovranno essere restituiti con gli interessi, gravando sulle finanze pubbliche e, in ultima analisi, sui contribuenti italiani.

Questa mossa mette in luce la complessa transizione dall'opposizione al governo. 

Le promesse fatte "dal banco del pesce" si scontrano con la realtà delle scelte politiche e delle responsabilità internazionali. 

La necessità di bilanciare le esigenze di bilancio, gli impegni con gli alleati e le promesse fatte agli elettori diventa un esercizio complesso che spesso porta a compromessi inattesi.

La richiesta del prestito SAFE per scopi militari potrebbe essere vista come una mossa pragmatica in un contesto di crescente instabilità internazionale. 

Tuttavia, essa riaccende il dibattito sulla coerenza politica e sulla gestione delle aspettative, soprattutto per un partito che ha fatto della sovranità nazionale e della critica all'Europa uno dei suoi pilastri ideologici.

"Ben svegliata a Giorgia Meloni. E a tutti quelli che hanno trasformato quelle urla in voti." 

Questa decisione è una palese contraddizione. Resta da vedere come il governo giustificherà questa scelta ai suoi elettori e quali saranno le ripercussioni politiche di un'azione che, sebbene dettata da necessità contingenti, segna un'inversione di tendenza rispetto a un decennio di retorica anti-europeista.

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