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Il "Privilegio di Casta" a Fiumicino: Il Caso Urso e la Denuncia di Zingaretti.



Quando la scorta del ministro accompagna moglie e figlio in vacanza, scatta la polemica sui privilegi e la (mancata) assunzione di responsabilità.

La recente denuncia social dell'attore Luca Zingaretti ha acceso i riflettori su un tema spinoso e ricorrente in Italia: l'abuso dei privilegi da parte di certe categorie, in particolare quella politica. 

La vicenda, inizialmente generica, ha poi assunto contorni più definiti, portando alla luce il nome del ministro Adolfo Urso, protagonista involontario di un episodio che ha scatenato un'ondata di indignazione.

Zingaretti aveva raccontato di aver assistito, all'aeroporto di Fiumicino, al passaggio privilegiato di "la moglie di un noto politico nazionale con la scorta" che, a suo dire, avrebbe saltato la fila per motivi futili, ovvero una vacanza. 

L'attore aveva espresso la sua rabbia, sottolineando l'assurdità di situazioni in cui le normali regole non sembrano applicarsi a tutti.

La reazione a questa denuncia è stata duplice. 
Da un lato, c'è stata una comprensibile ondata di sdegno per l'eventuale "odioso abuso di un privilegio". 
Dall'altro, si è levato un coro di voci che chiedevano maggiore chiarezza e trasparenza. Molti hanno evidenziato come una denuncia generica, senza nomi e cognomi, rischi di rimanere fine a sé stessa, alimentando solo la rabbia sociale senza portare a soluzioni concrete. "Sparare nel mucchio" della politica, si è detto, è un atteggiamento populista che non risolve i problemi ma anzi ne crea di nuovi, fomentando un'indignazione "mordi e fuggi". 
Affinché una denuncia abbia senso, sia verificabile e permetta all'interessato di difendersi o scusarsi, è fondamentale fare nomi e cognomi.

Come spesso accade in queste situazioni, i nomi, alla fine, sono emersi. 
Le indagini giornalistiche hanno ricondotto l'episodio al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. 
La ricostruzione dei fatti suggerisce che il ministro avrebbe utilizzato la sua scorta per accompagnare la moglie e il figlio all'aeroporto, permettendo loro di saltare la coda, prima di dirigersi a sua volta verso il ministero.

La risposta del ministro Urso, interpellato da "Repubblica", non ha placato le polemiche. 
Ha dichiarato di aver semplicemente accompagnato la famiglia e che la valutazione sulle condizioni di sicurezza spetta alla scorta. Ha aggiunto di non aver "notato niente" essendo al telefono per impegni di lavoro e si è rammaricato se la situazione ha causato disagio. Una risposta che, per molti, è suonata come una classica "toppa peggiore del buco", la consueta formula del "a sua insaputa" che, in Italia, è ormai diventata sinonimo di scarsa assunzione di responsabilità.

Questa vicenda ripropone l'annosa questione del confine tra le garanzie legate a un ruolo istituzionale e l'abuso di un privilegio. 

È innegabile che alcune figure pubbliche abbiano diritto a determinate protezioni e facilitazioni per ragioni di sicurezza e protocollo. Tuttavia, è altrettanto innegabile che tali prerogative non debbano mai tradursi in un'indebita corsia preferenziale per scopi personali, specialmente se non strettamente legati alla funzione pubblica.

Il caso Urso è un esempio lampante di come la mancanza di trasparenza e l'incapacità di assumersi la responsabilità, magari con delle semplici scuse, non facciano altro che alimentare il divario tra la classe politica e i cittadini. 

Non tutti i politici sono uguali, come sottolineato da molti commentatori, ma episodi come questo contribuiscono a rafforzare l'idea di una "casta" distante e autoreferenziale. 

Ed è proprio per questo che nomi e cognomi sono fondamentali: servono a fissare i punti, a determinare responsabilità e a costringere chi di dovere a risponderne pubblicamente, affinché non si confonda il dovere con il privilegio e la garanzia con l'abuso.

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