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Diffida dei giuristi e schiaffo del mondo ebraico: il governo Meloni sotto accusa sul Memorandum con Israele.




La complicità ha superato da tempo i limiti della decenza, arriva sia la diffida legale dai giuristi italiani che la critica del mondo ebraico al governo.



Mentre il conflitto a Gaza continua a mietere vittime e a scuotere le coscienze globali, un'iniziativa di grande peso giuridico e morale sta cercando di scuotere il governo italiano dal suo silenzio e dalla sua apparente acquiescenza.

Dieci eminenti giuristi italiani hanno formalmente diffidato l'esecutivo Meloni a revocare il Memorandum d'intesa con Israele in materia di cooperazione militare e difesa, un accordo destinato a rinnovarsi tacitamente il prossimo 8 giugno se nessuna delle parti decidesse di recedere.

La richiesta dei giuristi, tra cui spiccano nomi come Ugo Giannangeli, Michele Carducci, Veronica Dini, Domenico Gallo, Fausto Giannelli, Fabio Marcelli, Ugo Mattei, Luigi Paccione, Luca Saltalamacchia e Gianluca Vitale, si fonda su un'argomentazione inequivocabile: 
il Memorandum violerebbe palesemente la Costituzione italiana, la Convenzione europea dei diritti umani (CEDU), i trattati dell'Unione Europea e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU.

"Il massacro dei civili – ha spiegato Ugo Giannangeli – ha raggiunto dimensioni inaccettabili ed è sotto agli occhi del mondo, con autorevoli interventi nel corso del 2024 della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia (CIG), dell'ONU e della Corte Penale Internazionale (CPI). 
Ora come giuristi, diciamo basta. 
Abbiamo richiamato il dovere legale, non solo morale, del nostro governo di rispettare i principi costituzionali e i trattati internazionali".

L'azione legale sottolinea non solo l'urgenza etica, ma anche la responsabilità giuridica dell'Italia di non rendersi complice di violazioni del diritto internazionale.

Parallelamente a questa forte presa di posizione legale, una voce ancor più risonante si leva dal cuore della cultura ebraica, mettendo in discussione la narrativa ufficiale e il sostegno incondizionato a Israele. 

Dopo le parole di Edith Bruck che abbiamo commentato in un precedente articolo, un'altra figura di spicco, la scrittrice e storica Anna Foa, autrice del saggio "Il suicidio di Israele", ha espresso un giudizio inequivocabile sulla situazione attuale.

Intervistata da "Repubblica", non solo ha candidamente ammesso che parteciperebbe a una manifestazione per Gaza, ma ha anche rilasciato dichiarazioni dirompenti:

 "Le dichiarazioni di Netanyahu e dei suoi ministri sull'annessione di Gaza, insieme con i massacri, sono un avvicinamento dello stato israeliano al suicidio".

 "È difficile definire democratico uno stato che bombarda a tappeto senza nessun senso".

Suggerendo un'azione concreta, ha affermato: 
"Il governo Meloni e l'Unione Europea potrebbero riconoscere lo Stato di Palestina. 
Un gesto simbolico, certo, ma dal grande significato politico, così come interrompere le relazioni commerciali con Israele".

In un'analisi della politica estera italiana, ha poi aggiunto: "Il governo Meloni è decisamente troppo benevolo con Netanyahu perché è schierato sulle posizioni di Trump".
Infine, riguardo alle atrocità in corso, ha usato parole di grande peso: "La parola genocidio finora non l'ho usata, ma quello che vediamo penso che ci si avvicini molto. 
Stiamo andando nella direzione di una pulizia etnica".

Le dichiarazioni di Anna Foa, una storica di origine ebraica, smentiscono categoricamente l'accusa di antisemitismo spesso mossa a chi critica le politiche israeliane, e offrono una prospettiva interna al mondo ebraico che si dissocia dalle azioni del governo Netanyahu. 
Il suo appello è chiaro: se non si vuole ascoltare chi "indossa la kefiah in Parlamento", che si ascolti almeno la voce della coscienza ebraica che denuncia le violazioni dei diritti umani.

Il governo Meloni, tuttavia, sembra rimanere sordo a questi appelli, perseverando in una linea che, secondo molti osservatori, lo rende complice delle atrocità in atto e lo espone a "figure incommensurabili" sul piano internazionale. 

La speranza, ora, è che la diffida formale presentata dai giuristi possa rappresentare quella "manna dal cielo" necessaria per forzare il governo a riconsiderare la sua posizione e a permettere all'Italia di riaffermare il proprio ruolo di "Paese civile", in linea con i principi costituzionali e i trattati internazionali sui diritti umani. 

L'azione dei giuristi, i cui nomi sono stati resi pubblici affinché la cittadinanza sia consapevole di chi si oppone a questo "scempio", potrebbe essere la via d'uscita per "schiaffeggiare le facce da culo al governo" e ripristinare la dignità della politica estera italiana.

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