L'Italia bocciata dall'Europa: Bufera sulla "profilazione razziale" e la reazione del governo...
La Russa ci fa fare sempre "bella figura"
Un rapporto della Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) ha scosso il panorama politico italiano, puntando il dito contro il fenomeno della "profilazione razziale da parte delle forze di polizia".
Cioè quando le forze di polizia fermano, interrogano o arrestano qualcuno basandosi sulla sua razza o etnia, invece di avere un vero motivo o un sospetto concreto.
In pratica, è una discriminazione:
gli agenti prendono decisioni basandosi su stereotipi legati al colore della pelle o all'origine di una persona.
Chi la subisce si sente umiliato e trattato come un criminale senza motivo, perdendo fiducia nella polizia.
Va contro il principio che tutti dovrebbero essere trattati allo stesso modo, indipendentemente dalla loro origine.
Ed infine rende la polizia meno efficace, infatti se si concentrano solo sull'apparenza, gli agenti perdono tempo e risorse che potrebbero usare per trovare veri criminali, e creano una barriera con le comunità che dovrebbero proteggere.
In sintesi, la profilazione razziale è una pratica dannosa e discriminatoria che va combattuta per garantire giustizia e parità di trattamento per tutti.
Una critica esplicita e senza mezzi termini che, anziché innescare una seria riflessione, ha generato una reazione che solleva interrogativi sulla tenuta democratica e sulla credibilità internazionale del nostro Paese.
Il documento dell'ECRI, un organismo indipendente del Consiglio d'Europa (da non confondere con la Commissione Europea dell'UE), sottolinea come questa pratica rappresenti una grave violazione dei diritti umani e dello stato di diritto.
Il rapporto esorta l'Italia a prendere provvedimenti urgenti per affrontare e contrastare questo fenomeno, che mina la fiducia tra cittadini e istituzioni e alimenta discriminazioni.
Di fronte a un'accusa così pesante, ci si aspetterebbe una risposta istituzionale improntata alla serietà e alla volontà di indagare.
Invece, la reazione di Ignazio La Russa, Presidente del Senato e seconda carica dello Stato, ha destato scalpore e indignazione.
Invece di esprimere preoccupazione o impegno per la risoluzione del problema, La Russa ha rilasciato una dichiarazione di "solidarietà, stima e gratitudine agli uomini e alle donne delle forze dell’ordine", lodando il loro sacrificio e il loro contributo alla sicurezza.
Questa presa di posizione, pur comprensibile nel voler sostenere l'operato delle forze dell'ordine, è stata interpretata da molti come un tentativo di minimizzare o addirittura delegittimare le accuse mosse dall'ECRI.
Non affrontare il problema della profilazione razziale, ma piuttosto eludere la discussione, rischia di compromettere la reputazione dell'Italia a livello europeo e internazionale.
La questione, infatti, non riguarda la dedizione o il coraggio delle forze dell'ordine, ma la necessità di garantire che le loro operazioni siano sempre condotte nel pieno rispetto della legge e senza alcuna forma di discriminazione.
Il rapporto dell'ECRI non è un attacco personale, ma una richiesta di miglioramento e di adesione ai principi fondamentali di uno stato democratico.
Questa vicenda solleva un campanello d'allarme sulla capacità della classe politica italiana di confrontarsi con critiche costruttive provenienti da organismi internazionali.
Sembra emergere una tendenza a chiudersi e a difendere a oltranza, piuttosto che a intraprendere un percorso di auto-critica e di riforma.
L'immagine di un Paese che non prende sul serio le denunce di razzismo e violazioni dei diritti umani rischia di fare dell'Italia, come amaramente constatato da molti, una "barzelletta d'Europa", con gravi ricadute sulla sua credibilità e sul suo futuro.
Che periodo, dobbiamo assistere anche a questo.
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