Un Tuffo nel Contraddittorio: La Partita Israele-Italia e il Silenzio che Fa Rumore
Tra il fischio d'inizio e le ombre della politica: perché il calcio non è mai solo un gioco quando la realtà entra in campo.
Un campo di calcio, due squadre, un fischio d'inizio.
Il paragone con la situazione della Russia, sospesa da ogni competizione sportiva a seguito dell'invasione dell'Ucraina, è inevitabile.
E il silenzio assordante sul caso di Israele, che vive una situazione di conflitto prolungato con il popolo palestinese, aggregato da un criminale genocidio è un segnale che è passato già da tempo dal preoccupante al vomitevole.
Nonostante le pesanti accuse di violazioni dei diritti umani e l'alto numero di vittime civili, lo stato ebraico continua a partecipare a tutte le manifestazioni sportive internazionali, senza che un singolo incontro venga cancellato, sospeso o rinviato.
Mentre il mondo dello sport si è schierato in modo quasi unanime contro la Russia, la stessa fermezza non è stata mostrata nei confronti di Israele.
Le federazioni internazionali, dal calcio all'atletica, hanno optato per una linea di "non interferenza politica", un principio che sembra applicato in modo selettivo.
Questo ha scatenato un dibattito acceso e spesso polemico, che attraversa i confini dello sport e si insinua nella politica internazionale.
Le voci di dissenso, però, non mancano. All'interno del mondo dello sport, atleti e tifosi hanno espresso il loro disagio.
Spesso si tratta di manifestazioni pacifiche, come striscioni negli stadi o post sui social media, ma non mancano casi in cui la protesta si fa più esplicita.
In passato, ci sono stati atleti che si sono rifiutati di competere contro avversari israeliani, e gruppi di tifosi che hanno organizzato boicottaggi o manifestazioni di protesta fuori dagli stadi.
Queste azioni, seppur spesso isolate, sono il sintomo di un malessere che cresce e che mette in discussione il ruolo dello sport come "strumento di pace".
Mentre la partita tra Israele e Italia si incammina verso il suo inizio, il campo di gioco si trasforma in un palcoscenico di un dibattito molto più ampio.
Un dibattito che mette in discussione i principi dello sport, la sua presunta neutralità e il suo ruolo nel mondo.
La triste verità è che, oggi, la partita che si giocherà non è solo Israele-Italia, ma una sfida ben più profonda tra la coerenza e il silenzio, tra l'etica e la convenienza.
E, a giudicare da come stanno andando le cose, non sembra che ci sia un vincitore.
Non devono essere i calciatori a non scendere in campo e non solo perché, paradossalmente, la squadra sarebbe squalificata e perderebbe l'incontro, ma perché queste decisioni devono essere prese dalle istituzioni e non (solo) quelle dello sport.
E fino a quando non si chiarirà questo concetto e qualcuno non si vergognerà veramente la situazione rischia di rimanere uguale a quella attuale, anche per il futuro.
In questa maniera, giusto o sbagliato che sia tutte le partite ed ogni manifestazione che vedrà impegnata una rappresentativa di Israele si svolgerà regolarmente.
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