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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Ascoltando "Classe Operaia" di Zekka: un viaggio nelle periferie dell'anima.


"Scrittura coerente alla vita, si chiama classe"


Oggi voglio finalmente parlare di un disco che mi ha colpito profondamente, uscito qualche mese fa e che continua a risuonare nelle mie orecchie per la sua autenticità e la sua forza espressiva: "Classe Operaia".

Parlo di Zekka, al secolo Marino Daugenti, un talento purissimo nato e cresciuto nella fertile terra di Mola di Bari, un classe '87 che ha fatto del rap non solo un genere musicale, ma un vero e proprio strumento di espressione, un megafono per le sue riflessioni sul mondo che lo circonda e che si è poi evoluto abbracciando anche sfaccettature musicali, pur rimanendo fedele a se stesso.

Potrei definire il suo lavoro un'esperienza immersiva, un viaggio crudo e autentico nelle pieghe della società contemporanea, filtrato attraverso lo sguardo lucido e disincantato di un artista che non ha paura di mettersi a nudo e di denunciare le storture del sistema, senza inseguire le mode passeggere; la sua autenticità è, infatti, per certi versi, disarmante, la sua penna affonda nel reale, portando alla luce verità scomode.

La sua storia musicale affonda le radici nell'hip hop adolescenziale, ma si è evoluta nel tempo, abbracciando le sonorità funk ed elettrofunk con il progetto Easy Funk e sfumature cantautorali più intime con Marmenta. 

"Classe Operaia" è il punto di approdo di questo percorso, un melting pot di influenze che confluiscono in un sound unico e riconoscibile, dove la potenza del rap si sposa con la profondità che sfiora anche il cantautorato impegnato.

L'album si presenta come un concept album potente, un manifesto in tredici tracce (e qui il numero non sembra affatto portar sfortuna, anzi!) che danno voce alla resistenza di un popolo che si sente spesso schiacciato e dimenticato. 

La genialità si manifesta fin dal titolo, "Classe Operaia", che non si limita a definire una categoria socio-economica, ma si estende a comprendere ogni forma di lavoro, inclusa quella artistica. 

E non finisce qui: l'acrostico celato nei titoli dei brani, che compongono la title track dell'album, è un ulteriore sigillo della cura maniacale e della profondità concettuale che Zekka ha infuso in questo progetto.


Leggete in verticale le lettere in rosso dell'immagine qui sopra.

Ma andiamo a riflettere su ogni singolo brano:👇

"Casa Mia
Introduce a tutto quello che si ascolterà...
Apre le danze con un affetto viscerale ed un pò amaro per le sue radici, per quella Mola di Bari che è scenario e protagonista di storie di vita vere. 
E' quello dei "Ronaldo e Messi e... Dario Huner", dell'"Ucci ucci sento odore di Martucci", ma anche di "A casa mia sono tutti grandi".
Con riferimenti che solo i molesi potranno apprezzare fino in fondo perchè propri di quella realtà.

"La profezia, l'ipocrisia
Uno schiaffo morale, nonostante la persona vera sia quella che ha sempre interagito "come cazzo si deve", è costretta ad una riflessione tagliente sulla falsità e sull'incoerenza che spesso guidano le azioni umane.

"Ave Maria
E' un grido di indignazione di fronte alle ingiustizie, una preghiera laica che invoca un cambiamento radicale, una denuncia accorata dell'indecenza di certi contesti, un grido che invoca quasi un intervento salvifico.

"Sesso, soldi, sul cesso" (ft. Leontino Gobest)
Dipinge un quadro cinico del successo effimero e superficiale.
"E' un mondo felice perchè chi paga decide, fuori per tutta la notte, coca e mignotte, chi se ne fotte"
e racconta tutta la desolante superficialità di un mondo dominato dall'apparenza. 

"Sono a Comando
Affronta l'attualissimo tema dell'intelligenza artificiale con una prospettiva inedita e inquietante.
Ribaltando le prospettive.
Un pò come Il Comandante Data in Star Trek the next Generation. 
Lui che è un androide ha come sogno quello di diventare umano, o almeno essere più simile possibile ai suoi colleghi e compagni di viaggio, mentre per l'equipaggio, il comandante è indispensabile proprio perchè ha abilità che i membri dell'equipaggio possono solamente sognare di avere.
Diciamo che ai tempi di "Rock 'n rollo Robot", Alberto Camerini, vedeva questa direzione del mondo in maniera più positiva.

"Essenza animale
Ci spinge a interrogarci sulla vera natura dell'essere umano, sul confine tra istinto e ragione.
Attraverso un'intrigante riflessione sulla natura umana e sul confine labile con il mondo animale.

"Opera io"
E' richiamo più forte delle altre canzoni al titolo dell'album e ne è il cuore politico e sociale.
Un omaggio vibrante a chi lavora, a chi si spezza la schiena, in un'epoca in cui i diritti sembrano svanire e il lavoro rischia di perdere la sua umanità.
Il "lavorare con lentezza" di Enzo Del Re è purtroppo rimasta un'utopia.
Staccare "Opera" da "io" permette di considerare il lavoratore l'opera d'arte in un mondo spietato che lo 
porta ad accettare condizioni disumane.

"Penna
Uno dei brani più personali ed introspettivi dell'album
è una dichiarazione d'amore commovente verso lo strumento che permette all'artista di dare forma ai suoi pensieri, "scrittura coerente alla vita, si chiama classe", di lasciare un segno autentico.
"solo con la penna riesco a dire ciò che voglio".

"Evergreen" (ft. META)
E' un invito a non perdere l'entusiasmo e a rimanere fedeli a se stessi, "per la coerenza ne vado fiero",  per sopravvivere alle falsità del mondo.
"Questa fiamma non ce la spegni, non è cambiato un cazzo e siamo ancora ventenni.
Non ci riesci nemmeno se ti impegni, con una parola, sepoltura, ti spegni".
Un antidoto all'omologazione.

"Risposte" 
Si distingue per la sua tonalità più intima e personale, esplorando le dinamiche complesse delle relazioni umane e la crescita che deriva dalle esperienze, siano esse positive o negative.
L'unico brano a toccare una storia d'amore, vista come un'esperienza formativa, capace di svelare verità su se stessi e sugli altri.

"Anarchia"
E' uno sfogo rabbioso contro un sistema che sembra non funzionare, un interrogativo sulla possibilità di continuare a lottare o lasciarsi andare.
"Giuro divento pazzo perchè non va più un cazzo".
Un grido di frustrazione di fronte alle promesse non mantenute.

"Immagina poi": 
Un brano che nel testo fa il verso ad "Imagine" di John Lennon.
Ma siccome "a fare cose buone non siamo capaci"...
ha una nota di amara consapevolezza sulla difficoltà di tradurre l'utopia in realtà.

"A nanna"
Il cerchio si chiude con il tredicesimo brano, un numero carico di simbologie contrastanti, e la cui atmosfera musicale si tinge di una sottile inquietudine. 
"la differenza è un dato di fatto, la diffidenza è un dato rifatto"
Il testo è un congedo amaro rivolto a chi ha tradito la fiducia, un'affermazione netta della superiorità dell'autenticità rispetto all'apparenza.
"poi tutti a dormire" èd è in effetti il brano che manda tutti a nanna, in senso negativo i destinatari del messaggio ed in senso positivo chi ha appena finito di ascoltare il disco, come fosse la fine di una giornata.

Ascoltando e riascoltando "Classe Operaia", mi sono reso conto di quanto sia difficile isolare uno o più brani preferiti. 
Ogni traccia è un tassello fondamentale di un mosaico complesso e affascinante, un'istantanea vivida del mondo visto attraverso gli occhi di Zekka, anche se ogni brano può anche fare storia a se.

Ho apprezzato subitissimo la forza e la la visceralità di "Casa Mia", l'energia di "Anarchia", la profonda umanità di "Opera io" e la sincerità di "Penna". 
"Ave Maria" l'ho sentita come una preghiera, ma anche un'invocazione laica, e in "Evergreen" ho ritrovato un po' del mio stesso desiderio di rimanere fedele a me stesso.
ma potrei andare avanti e dire nuovamente qualcosa per tutti i brani, ma mi ripeterei.

Tuttavia, una menzione speciale la voglio dedicare a "Risposte", un brano che, pur discostandosi leggermente dalle tematiche più prettamente sociali, aggiunge un'ulteriore sfumatura emotiva all'album, dimostrando la versatilità e la sensibilità artistica di Zekka. 
Mi ha ricordato, in un certo senso, quella piacevole sorpresa che si prova quando un artista che si ammira esplora territori musicali inaspettati.
Per fare un paragone altisonante è un pò come quando sul penultimo album in studio di David Gilmour, 
"Rattle That Lock" ho scoperto e poi ascoltato dal vivo "The Girl In The Yellow Dress", un pezzo praticamente jazz che non avrei mai immaginato ascoltare da lui come solista o dai Pink Floyd.
Non sto facendo paragoni musicali, ma è bello provare sensazioni simili anche per uno che, parlando di musica è sempre pronto a tutto.

"Classe Operaia" è un album che va ascoltato con attenzione, lasciandosi trasportare dalla potenza delle parole e dalla ricchezza delle sonorità. 
È un'opera "confezionata" molto bene che merita di essere scoperta e apprezzata per la sua autenticità e il suo coraggio. 
Zekka è un narratore di storie, potrei definirlo un poeta di strada che sa trasformare il disagio e la rabbia in arte pura. 

Un plauso va anche ai produttori Mattia Catalano e Leontino Gobest per aver saputo vestire con cura e intelligenza l'anima di questo artista. 

Artisti anche loro che con Serena Palmisano, appaiono anche nei cori di alcuni brani. 

Dietro il nome d'arte di Zekka si cela Marino, un bravissimo ragazzo al quale auguro di cuore di realizzare tutti i suoi sogni.

Forse scrivo queste parole con un po' di ritardo rispetto all'uscita dell'album, ma sentivo il bisogno di dedicargli il tempo e l'attenzione che un'opera così intensa e sincera merita. 
Purtroppo il tempo è sempre di meno, ma nonostante spesso io scriva i miei articoli anche abbastanza velocemente, qui, ci voleva l'ascolto contemporaneo ed immersivo.
Non potevo scrivere tutto questo dopo aver fugacemente ascoltato i brani. 

E spero, con questo mio racconto, di aver acceso in tutti quelli che capiteranno su Manciolandia  la curiosità di immergersi nell'universo sonoro e poetico di "Classe Operaia". 

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© Copyright 2013 Mancio Mario Ruggiero

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