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Il primo romanzo di Mancio M. Ruggiero

Claudio Bisio sul Leoncavallo: una lezione di storia e cultura per il governo.



​Ignorante è chi ignora.
E quanto ignorano alcuni......

Si, è vero della questione Leoncavallo nel abbiamo già parlato...
Abbiamo affrontato diverse chiavi di lettura ed abbiamo stimolato la discussione.

Ovviamente non poteva finire lì...
E non può finire così la questione.
Offensivo anche solo affiancare lo schifo ed il ribrezzo che può provocare nei normodotati una parola come CasaPound, ma serviva come termine di paragone per mettere in evidenza l'incoerenza e l'ipocrisia del governo.

Quindi ch si dovesse ritornare sull'argomento era scontato, non fosse altro che per una specie di obbligo morale.

Lo spunto in questo caso arriva da un artista, un attore, un comico che quella realtà l'ha vissuta veramente non come quel "legaiolo" di Salvini che per anni ha detto di averlo fatto, mentendo spudoratamente, quando pensava che poteva "far figo" dirlo mentre adesso parla di giustizia e leggi per esultare allo sgombro (si, la faccia del pesce nel suo caso) più che allo sgombero.

Le parole di Claudio Bisio, invece, non sono solo un’intervista. 

Sono una testimonianza storica, un atto di memoria e una lezione di cultura rivolta a chi, come il ministro della cultura, ignora (anche) la storia del Leoncavallo. 

A seguito delle polemiche nate dopo lo sgombero del centro sociale milanese, l'attore e comico italiano ha risposto al Ministro Giuli e a Salvini, rivendicando con forza la storia e il valore di un luogo che conosce fin dagli anni '70.

Queste le due parole che voglio trascrivere interamente per non perdere nessuna sfumatura del suo discorso:👇🏼

"Al Leoncavallo ci sono cresciuto dentro e ricordo tutto benissimo fin dal 1975, la prima sede che era al Casoretto, che era il mio quartiere. C’era la musica, c’era il teatro, le manifestazioni. Sono del ’57, quindi coetaneo di Fausto e Iaio, uccisi dai fascisti poco lontano da lì. Il giorno dopo siamo scesi tutti in piazza. Ed è uno scandalo che non ci siano ancora i nomi dei responsabili, dopo tanti anni. Lo sgombero è una prova di forza, con tutti quei poliziotti, e nessuno dentro. Fa ridere e fa piangere.

​Lì dentro ho imparato che la creatività e l’arte non vengono sempre dall’alto, e che le opere non nascono solo nei palazzi dei re. Perché le vie dell’arte sono infinite, e se c’è gente civile che fa cose belle, spontaneamente, perché tarpargli le ali? Il Leoncavallo è sempre stato una factory, ha ospitato artisti, organizzato eventi, prodotto cose belle. Abbiamo fatto cultura, e se ci sono stati accenni di violenza, è sempre successo per gli sgomberi. Il ministro Giuli dovrebbe andare a vedere cos’è quel posto. Se sono solo muri sporchi o se c’è arte, e sto solo parlando dei murales dei sotterranei.

​Io spero molto che il Comune di Milano si stia attivando per non far morire il Leoncavallo. Magari altrove, ma non deve finire questa esperienza lunga 50 anni, e lo dico io che ci sono nato dentro. La cultura è un investimento, ci sono altre esperienze in Italia che dimostrano l’impegno delle amministrazioni in questo senso. Poi, tutto va fatto nella legalità, con concessioni regolari. Non come le spiagge, però…”

Quindi, a differenza di chi lo vede solo come un "covo di violenti", Bisio racconta un luogo in cui è cresciuto, frequentato fin dalla sua prima sede in via Leoncavallo. 
Ne ricorda gli anni delle lotte, le manifestazioni, il legame con la tragica uccisione dei suoi coetanei Fausto e Iaio per mano di fascisti (Ou! e non è colpa mia se questi cazzo di fascisti appaiono sempre nella storia italiana ed ovviamente sempre in maniera negativa e delinquenziale) nel quartiere. 

Per Bisio, il Leoncavallo è un'espressione di cultura dal basso, un luogo dove l'arte e la creatività non nascono in palazzi istituzionali, ma spontaneamente, dal cuore della gente.

​L'attore ha sottolineato come il centro sociale sia stato una "factory" in costante fermento, una fucina di idee, concerti, spettacoli e iniziative artistiche. 

L'eventuale violenza, ha aggiunto, è sempre stata una risposta agli sgomberi e non una sua caratteristica intrinseca. 
La sua dichiarazione è un appello a guardare oltre gli slogan politici e a riconoscere il valore di un'esperienza che ha quasi 50 anni.

​Bisio conclude la sua dichiarazione lanciando un appello al Comune di Milano affinché non si disperda un'esperienza così importante. 

L'attore auspica che il centro sociale trovi una nuova sede, magari con concessioni regolari, sottolineando come la cultura sia un investimento per la città. 

Un'affermazione che contrasta nettamente con la retorica del governo, che ha spesso preferito reprimere piuttosto che comprendere.

​Le sue parole risuonano come un promemoria: il Leoncavallo non è solo un edificio, ma un pezzo di storia di Milano, un simbolo di una cultura alternativa e di un profondo antifascismo che merita di essere preservato.

​Fondato a metà degli anni '70, il Leoncavallo ha attraversato decenni di storia milanese, diventando un punto di riferimento per la controcultura e le lotte sociali. 

La sua storia è segnata da occupazioni, sgomberi e scontri con le forze dell'ordine. 
Nel 1994, dopo lo sgombero della storica sede, il centro sociale ha occupato l'attuale stabile in via Watteau, un'ex fabbrica abbandonata, dove ha continuato a svolgere le sue attività.

​Nonostante le polemiche, il Leoncavallo è diventato un'istituzione culturale riconosciuta a livello internazionale. 

Ha ospitato artisti del calibro dei Radiohead  e di Manu Chao, e ha prodotto una vasta gamma di iniziative culturali, dai concerti alle mostre d'arte. Le sue pareti sono ricoperte di murales, molti dei quali considerati opere d'arte . 

La vicenda del Leoncavallo è un esempio complesso di come la cultura, la politica e la legalità si scontrino e si intreccino, sollevando interrogativi sul ruolo delle amministrazioni pubbliche nel supportare le iniziative che non si conformano ai canoni tradizionali.

Che poi tradizionali cosa significa?

No, vabbè è troppo difficile questa domanda per chi ci governa e per la maggior parte di coloro che li votano.

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