Intellettuali Ebrei Rompono il Silenzio: "Genocidio". Adesso nessuno ha più scuse.
Le Voci di David Grossman e Anna Foa scuotono il dibattito sul conflitto israelo-palestinese
Un coraggioso e doloroso coro di voci si leva dall'interno del mondo ebraico e intellettuale, mettendo in discussione la narrativa ufficiale sul conflitto israelo-palestinese.
David Grossman, uno dei più grandi e rispettati scrittori israeliani, e la storica ebrea Anna Foa hanno entrambi pronunciato pubblicamente la parola "genocidio" in riferimento alle azioni di Israele a Gaza, una parola a lungo considerata tabù e che evoca la memoria più dolorosa del popolo ebraico.
L'intervento di Grossman, rilasciato in un'intervista al quotidiano italiano La Repubblica, ha scosso profondamente il dibattito. L'autore ha raccontato di aver a lungo evitato quel termine, ma che le immagini, le testimonianze e i fatti a cui ha assistito lo hanno costretto a constatare una realtà insopportabile.
Grossman, la cui vita è segnata dalla perdita di un figlio in guerra, non ha paura di riconoscere che l'accostamento della parola "genocidio" a Israele stesso è il segno di una profonda crisi morale.
Ha parlato di un "immenso dolore e un cuore spezzato" di fronte a ciò che sta accadendo, sottolineando come la responsabilità morale che il popolo ebraico ha sempre rivendicato, in virtù della sua storia, venga oggi tradita.
A fargli eco, la storica Anna Foa, autrice del saggio premiato "Il suicidio di Israele", ha espresso un dolore simile in un'intervista a Repubblica.
Ha spiegato di aver a lungo creduto che il giudizio sulla parola "genocidio" dovesse spettare a un tribunale internazionale, ma ora sente che è arrivato il momento di avere il coraggio di usarla.
Queste non sono le voci isolate di estremisti, come spesso vengono liquidati coloro che criticano Israele, ma di intellettuali di spicco, democratici e moderati.
La loro presa di posizione è significativa perché rompe il silenzio e la reticenza che per molti ebrei circonda il termine "genocidio".
La forza del loro gesto risiede nel loro coraggio. In un momento in cui le divisioni sembrano insormontabili e il dibattito è polarizzato, queste voci si levano per dare un nome all'orrore, un passo fondamentale per poterlo affrontare.
Il loro esempio, che unisce il rigore intellettuale al dolore personale, invita tutti a una riflessione onesta e a una più profonda assunzione di responsabilità.
Nessuno adesso ha più scuse e dovrà regolarsi di conseguenza, altrimenti è un assassino.
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