Attentato a Sigfrido Ranucci: L'Intimidazione non Fermerà la Vera Informazione.
L'Esplosione a Pomezia, un Gesto Vile che Mira a Zittire il Giornalismo d'Inchiesta.
Un atto di violenza inaudita e gravissima ha scosso l'Italia l'altra notte, riportando alla luce un clima di intimidazione che sembra ciclicamente tornare, in un'epoca segnata da preoccupanti nostalgie e tentativi di censura.
L'obiettivo dell'attacco è stato Sigfrido Ranucci, uno dei più stimati e coraggiosi giornalisti d'inchiesta italiani, conduttore della trasmissione Rai "Report".
Due esplosioni consecutive, avvenute proprio sotto casa sua a Campo Ascolano (Pomezia), hanno distrutto la sua auto e quella della figlia. L'attentato, che ha fatto tremare la casa e innalzato le fiamme, è stato un gesto intimidatorio di inaudita violenza.
Lo stesso Ranucci ha espresso il terrore per l'incolumità della figlia: "Avrebbe potuto uccidere mia figlia, questione di minuti," ha raccontato.
L'episodio non è un caso isolato, ma si configura come il culmine estremo di un processo di sistematica delegittimazione umana e professionale subita dal giornalista negli ultimi anni.
È la manifestazione tangibile di un clima infame in cui chi fa vera informazione, specialmente nel servizio pubblico, si ritrova esposto, vulnerabile, spesso lasciato solo con un "mirino sulla schiena".
La Campagna d'Odio e le Responsabilità Taciute
La bomba, la cui firma resta ignota e le cui responsabilità sono demandate alle indagini degli inquirenti e alle sentenze dei giudici, è considerata il frutto avvelenato di una campagna d'odio senza precedenti in Italia contro un giornalista Rai.
Bisogna denunciare con forza la condotta dei "cattivi maestri", dei censori e dei detrattori di Ranucci, che in questi anni hanno cercato in ogni modo di imbavagliarlo: dalle minacce di querele temerarie alle puntate saltate, dai contratti "capestro" al mobbing, fino a episodi di spionaggio e processi politici in Parlamento.
Tali comportamenti sono accusati di aver contribuito a isolare il giornalista, rendendolo un bersaglio facile.
Vengono ricordati con indignazione episodi specifici, come la derisione in Commissione Vigilanza Rai da parte di figure politiche di spicco (come l'esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri, che nel 2021 mostrò una carota e una boccetta di cognac a Ranucci, suggerendo ironicamente gli servissero per "farsi coraggio" di fronte alle minacce subite, un gesto che il senatore definì "goliardico" e una "goliardata".,.. complimenti... Del resto si sa il livello è quello).
Questi episodi dimostrano la negligenza e la responsabilità di coloro che non hanno protetto Ranucci, anzi, lo hanno esposto.
Solidarietà e la "Scorta Mediatica" Necessaria
Di fronte a un atto così grave, l'appello è unanime: è necessario che tutti, senza esclusione, mostrino solidarietà a Sigfrido Ranucci.
Tuttavia, si sottolinea che le sole note e i comunicati di solidarietà, anche da parte di chi in passato è stato silente o ostile, non sono sufficienti.
Ciò che serve, oltre al rafforzamento della scorta fisica – il minimo indispensabile – è una scorta mediatica rafforzata per Ranucci e per tutti i giornalisti che rischiano la vita per il loro mestiere.
La difesa non deve limitarsi all'uomo, ma deve estendersi al suo lavoro, alle sue inchieste e, prima di tutto, al suo diritto e dovere di realizzarle.
Questo sostegno deve durare oltre l'onda emotiva del momento, manifestandosi soprattutto "domani, quando le fiamme si spegneranno e calerà il silenzio".
Un'immagine di speranza e vicinanza è giunta da Roma: oltre un migliaio di cittadini si sono riversati spontaneamente davanti agli studi di "Report" in via Teulada.
Quando Ranucci si è affacciato al balcone, la folla ha gridato in coro: “Siamo noi la tua scorta”, un gesto che ha visibilmente commosso il giornalista.
Questo abbraccio collettivo, composto da cittadini e da milioni di persone in tutta Italia, è il modo più "bello, giusto, umanissimo" per fargli sentire che non è solo.
Il Caso Saviano: L'Indignazione come Nuova Accusa
Tuttavia, il clima italiano si dimostra ancora una volta "al contrario" per la reazione di alcuni ambienti politici e mediatici.
Invece di concentrarsi sull'atto criminale, l'attenzione è stata spostata sulla polemica politica.
Roberto Saviano è finito nel consueto tritacarne mediatico per aver espresso a "Otto e mezzo" e sui suoi canali un'osservazione ritenuta ovvia: chiunque assuma una posizione critica nei confronti del Governo viene bersagliato, infangato e delegittimato, trasformandosi in un nemico da colpire.
Saviano ha evidenziato la differenza tra critica e delegittimazione, accusando la politica, specialmente quella al governo, di "bersagliare la persona" del giornalista, trasformandolo in un "rivale" o un "nemico" da spendere in campagna elettorale, invece di criticarne eventualmente il lavoro.
Ha denunciato il continuo tentativo di infondere sospetto sulla persona ("ti arricchisci", "manipoli") con il messaggio implicito: "Se prendete posizione, ne pagherete le conseguenze".
La reazione del mondo della destra e dei suoi media è stata una nuova, immediata gogna pubblica fatta di insulti e di una campagna "squadrista" e organizzata, che ha finito per dimostrare in modo inequivocabile la fondatezza delle osservazioni di Saviano.
L'episodio, così come l'attentato a Ranucci, sottolinea la profonda necessità di difendere non solo gli individui, ma la libertà stessa di stampa e la possibilità di esercitare il mestiere di informazione senza paura per la propria vita.
Insomma ... Se cercate dei colpevoli sapete dove cercarli e se non sono loro in prima persona, sono gli "ispiratori".
Ad ogni modo la solidarietà è un obbligo.
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