Israele niente Mondiali di ginnastica artistica: L'Indonesia dice No e Smaschera l'Ipocrisia Internazionale sullo Sport e la Guerra.
La Nazione Ospitante Nega il Visto per Mancato Riconoscimento della Palestina: Un Gesto che Infrange l'Immunità Goduta da Tel Aviv in Contrasto con le Sanzioni alla Russia.
In tanti si sono chiesti, si chiedono e si chiederanno in futuro, come sia possibile che gli atleti e le squadre di Israele continuino a partecipare a competizioni internazionali, mentre, per esempio, la Russia è stata esclusa.
La Parola ai Critici: La Differenza è Solo una "Cazzata" Ufficiale
La risposta ufficiale, che molti bollano come una "cazzata", è l'attentato di Hamas del 7 ottobre. Secondo questa tesi, la differenza starebbe nel fatto che la Russia ha offeso l'Ucraina, mentre Israele sarebbe la vittima che si è solo difesa.
Questa è la versione che permette a vari governi di sostenere le azioni israeliane e di non prendere alcun provvedimento, figuriamoci a livello sportivo.
E se i governi agiscono in maniera schifosa per i loro sporchi interessi, chi si beve acriticamente questa "cazzata" è definito giustamente come un "cazzone senza speranza".
La Questione Va Oltre il 7 Ottobre
È ampiamente noto che tutta la questione mediorientale non inizia con il 7 ottobre.
Prima di quella violenta azione, Israele, sin dalla sua creazione, ha fatto dell'invasione della Palestina il suo "mestiere".
Ma anche volendo far finta che l'azione di Hamas sia l'unico metro di giudizio, essa non giustifica in alcun modo la distruzione totale di territori e il genocidio di una popolazione.
Quindi, ad ogni modo, un leader come Netanyahu sarebbe da considerare un "pazzo criminale da arrestare immediatamente".
Il minimo che ci si sarebbe potuti aspettare dalle nazioni era il taglio di tutti i ponti con questo "grandissimo pezzo di merda".
Israele avrebbe dovuto essere sanzionata ed esclusa da ogni contesto, almeno finché fosse stata guidata da Netanyahu o da personaggi che la pensano come lui.
Il Gesto che Nessuno si Aspettava: Il No dell'Indonesia
È accaduto qualcosa che, in un contesto mondiale che genera spesso disgusto, nessuno si aspettava più.
Per la prima, storica, volta Israele è stata esclusa da una grande competizione sportiva internazionale: non potrà partecipare ai Mondiali di Ginnastica Artistica di ottobre a Giacarta.
Il motivo è semplice e inequivocabile: la nazione ospitante, l’Indonesia, ha negato il visto a tutta la Nazionale e ha da tempo cancellato ogni rapporto con Israele finché non riconoscerà lo Stato di Palestina.
Ha dovuto pensarci un singolo Paese a fare quello che avrebbero dovuto fare mesi fa tutti gli organismi internazionali.
Diritto Internazionale Applicato (Finalmente)
È commovente sapere che nel mondo c’è ancora qualcuno che tratta Israele per quello che è e merita, senza immunità né impunità.
Speriamo sia solo la prima di una lunga serie.
Agli altri Stati solo due considerazioni: vergognatevi ed imparate.
La decisione dell'Indonesia arriva in un momento di crescente pressione globale per l'esclusione sportiva di Israele.
- Il Precedente Under 20: La posizione ferma dell'Indonesia era già costata caro al Paese, quando nel 2023 la FIFA gli aveva tolto l'organizzazione dei Mondiali Under 20 proprio a causa delle proteste contro la partecipazione israeliana.
- Pressioni sul Calcio: Esperti nominati dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno chiesto ufficialmente l'esclusione di Israele dagli eventi calcistici internazionali (FIFA e UEFA).
- Voci UEFA: Circolano indiscrezioni secondo cui una larga maggioranza dei membri UEFA sarebbe favorevole all'esclusione di Israele dalle competizioni continentali, sebbene la UEFA stessa abbia smentito l'esistenza di riunioni programmate per tale decisione. Il Ministro dello Sport israeliano, Miki Zohar, ha dichiarato di essere al lavoro con Netanyahu per bloccare l'iniziativa.
- Atleti Contro: Oltre 50 sportivi, inclusi calciatori noti, hanno firmato una lettera, diffusa tramite la piattaforma Athletes 4 Peace, per chiedere alle istituzioni sportive di agire, sostenendo che lo sport "non può restare in silenzio" di fronte a violazioni dei diritti umani.
Il gesto dell'Indonesia segna un punto di rottura, forzando la mano a organismi internazionali che finora hanno preferito la prudenza politica alla coerenza etica e legale, lasciando che la geopolitica dettasse una palese doppia misura nello sport.
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