L'Ultimo Rintocco, Un Pensiero Oscuro
The Mancio's Dark Thought
La nebbia di Halloween non era solo umidità; era il fiato gelato di un mondo che aveva dimenticato il colore.
Per le anime come me, infrante da esistenze che avevano tradito ogni promessa, questa non era una festa, ma l'unica notte in cui il mio vuoto interiore si allineava perfettamente con l'oscurità esterna.
Le mie ossa vibravano al ricordo di parole che non erano state sussurri, ma urla affilate.
Erano suoni che avevano squarciato il mio cranio, prosciugandomi il midollo, lasciandomi un guscio freddo e morente in un panorama di ombre e vecchie pietre.
Ogni frammento del mio sorriso era andato in frantumi, disperso in quell'aria viziata, e l'amara certezza era che non avrei più ricomposto nulla.
Morire dentro è solo la versione più lenta e silenziosa dell'andarsene per sempre.
E io, adesso, ero convinto di aver completato il processo.
Ero un cadavere che respirava, un ospite indesiderato nel banchetto della vita, certo che nessuna luce, per quanto potente, avrebbe mai più perforato lo spesso strato di cenere che mi ricopriva.
Se mi meritassi questa dannazione o meno era un lusso irrilevante.
Tentare di rispondere a quella domanda avrebbe significato scatenare l'inferno, liberare una furia senza freni che avrebbe spazzato via ogni cosa.
Ma una voce lugubre, roca come il raschiare di unghie su una lavagna, sussurrò: "Se l'anima è già in mille pezzi, cosa rimane da rompere?"
Questo incessante tormento è l'incubo di Halloween? Forse.
La domanda mi bruciò le labbra come ghiaccio: bisogna morire per davvero per potersi finalmente svegliare?
Ma il quesito si spense, inutile, nell'aria gelida. La risposta non sarebbe mai arrivata.
Non si può interrogare il mondo dall'altra parte del velo.
E io, in questa lunga, eterna notte di Halloween, ero ormai lì.
(Mancio)


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