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L'Anguria della Discordia: Il Festival Paw Chew Go Sotto Assedio Dopo la Scelta Pro-Palestina.

 


Un festival di illustrazione milanese perde tutti gli sponsor per aver scelto i colori della Palestina come simbolo della sua decima edizione, in un clima di crescente polarizzazione e "caccia alle streghe" contro ogni voce critica su Gaza.

​Quella che doveva essere una semplice scelta di solidarietà e identità visiva per celebrare il suo decimo anniversario, si è trasformata in un inaspettato "assedio" economico per il Paw Chew Go, uno dei più importanti festival italiani dedicati all'illustrazione, con sede a Milano. 

L'evento, noto per promuovere voci non rappresentate e comunità oppresse, è diventato il simbolo di un clima di polarizzazione che non ammette sfumature né posizioni critiche sul conflitto israelo-palestinese.

​La Scelta e la Reazione Immediata

​Gli organizzatori del Paw Chew Go hanno deciso di dedicare l'immagine visiva della decima edizione ai colori della Palestina, con un esplicito riferimento all'uso dell'immagine dell'anguria 🍉— simbolo della resistenza palestinese, poiché i suoi colori (rosso, nero, verde e bianco) corrispondono a quelli della bandiera bandita da Israele in passato.

​La motivazione, espressa con chiarezza e forza, è profonda e di natura eminentemente umanitaria:

​"Non consideriamo guerra o azione di difesa i fatti in terra e nei mari palestinesi. Piuttosto li vediamo assedio e sterminio, li sentiamo ricatto. Paw Chew Go Festival e Associazione Paciugo sono con il pensiero, e con le azioni che gli sono possibili, a fianco della popolazione della Striscia così come sono state e saranno al fianco delle comunità oppresse e delle minoranze non rappresentate."


​Questa presa di posizione, definita dagli stessi organizzatori una "semplice scelta di umanità," ha innescato una reazione immediata e drastica nel mondo degli affari e della cultura: il festival si è ritrovato di colpo, per la prima volta nella sua storia decennale, senza sponsor e senza alcun sostegno economico.

​Il Clima di "Caccia alle Streghe"

​La vicenda del Paw Chew Go non è un caso isolato, ma si inserisce in un contesto globale e italiano in cui prendere posizione a favore dei palestinesi o anche solo esprimere una critica all'azione militare israeliana a Gaza comporta spesso l'esclusione, il boicottaggio e l'isolamento

Molti artisti, accademici e figure pubbliche hanno segnalato di essere stati "banditi" o trattati come "paria" per aver espresso solidarietà verso la popolazione della Striscia di Gaza.

​Questo clima di "caccia alle streghe," come è stato da alcuni definito, mostra come la libertà di espressione e l'attivismo culturale vengano messi a dura prova quando toccano il nervo scoperto della geopolitica mediorientale.

​Coerenza e Resistenza Culturale

​Nonostante il colpo finanziario, gli organizzatori hanno rifiutato di fare un passo indietro. 

Al contrario, hanno ribadito con fermezza la loro posizione, trasformando l'atto di resistenza visiva in un manifesto di normalità e diritti fondamentali.

​"Per noi vestirci di anguria non è una provocazione, ma una cosa normale. Come normale dovrebbe essere andare a scuola, sentirci sicure e sicuri, mangiare, bere, ridere, respirare."


​La loro risposta alla crisi è stata pragmatica e coerente con i loro ideali: il festival ha lanciato una raccolta fondi dal basso per garantire la realizzazione dell'evento e dimostrare che la coerenza può trovare sostegno al di fuori dei canali economici tradizionali.

​Un Atto di Coraggio

​La scelta del Paw Chew Go viene salutata da molti, e dall'opinione di chi si è espresso sul tema, come un atto di Resistenza con la "R" maiuscola: il coraggio di esistere e non piegarsi di fronte al ricatto economico e all'isolamento. 

In un periodo storico in cui l'allineamento è spesso imposto o tacitamente richiesto per accedere a finanziamenti e visibilità, il festival milanese si erge a faro di un'etica culturale che antepone i diritti umani e la solidarietà alla convenienza.

​La battaglia per la sopravvivenza del Paw Chew Go è ora anche la battaglia per la libertà di espressione culturale in Italia.

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